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Le campegne Benetton che divisero il mondo!

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Ormai nell’immaginario collettivo la Benetton è sinonimo di capitalismo dal volto umano, “merito” delle sue campagne pubblicitarie etiche” con denunce sociali griffate Oliviero Toscani. Ma come tutti gli esperti di marketing sanno, caricare una merce di un valore aggiunto e per di più che va a toccare la nostra morale, è un modo efficiente per vendere di più. Tante sono state negli anni le polemiche, i commenti, i divieti di affissione e perfino i processi che hanno segnato la storia di questo grande marchio.

Comunicare attraverso le immagini è sempre stato l’intento di Benetton nelle sue pubblicità o meglio meta pubblicità, in quanto usa un metalinguaggio che diventa sempre più autoreferenziale: ha sempre meno, come oggetto della sua comunicazione, il prodotto che vende e sempre più se stessa e le idee che abbraccia, cercando di entrare sempre più in contatto con l’interlocutore.

La forza delle campagne di Toscani è proprio quella di cogliere, con tutta la naturalezza e l’istintività, il luogo comune. Diventano metaforiche e lasciano così ad ognuno di noi, la possibilità di trarne le conclusioni che vuole o meglio che sente. Di sicuro, per la forza comunicativa che hanno, per l’impatto visivo con cui sono pensate, non passano inosservate e non lasciano indifferenti.
È per questo che spesso e volentieri nascono aspre critiche lì dove poco prima ci sono stati forti apprezzamenti.

Un esempio per capire il tutto: la pubblicità della donna nera che allatta il bambino bianco, 1990.

oliviero_toscani_mix

Questa pubblicità ha significato per i bianchi, un messaggio profondamente antirazzista, tresmettendo una totale rilassatezza, che infonde un senso di pace e di tranquillità. Allo stesso tempo ha scatenato una reazione di rabbia da parte dei neri americani che vi hanno letto l’esatto contrario: la perpetuazione dello stereotipo schiavistico della balia che allatta il figlio del padrone.

Sta di fatto che le campagne Benetton, firmate Oliviero Toscani, benché se ne dica, anche laddove sono state compiute delle forzature, parlano un linguaggio universale. Sono le uniche vere campagne globali mai realizzate, perché universale è l’empatia emotiva che generano. Pongono di fronte alla responsabilità individuale ricordandoci che quelle cose accadono fuori dalla nostra porta, qualunque cosa noi facciamo.

È dal 1982 fino al 2000 che Toscani cura la comunicazione di questa Fabrica con campagne pubblicitarie personali e molto provocatorie, infatti il suo lavoro è stato definito di shockvertising. Tant’è che la Corte Federale di Francoforte ha decretato che chi fa pubblicità in questo modo, sfrutterebbe a scopi di notorietà i sentimenti di sgomento o costernazione comuni, provocati nell’osservatore. È con le campagne pubblicitarie sui condannati a morte che la collaborazione tra il fotografo e la Benetton finisce, proprio per il troppo scalpore che queste avevano provocato. Ma come rispose Toscani: <<Guardo avanti e mi consola pensare che le mie immagini non passeranno inosservate>>.

<<Il conformismo è il peggior nemico della creatività. Chiunque sia incapace di prendersi dei rischi non può essere creativo.>> Oliviero Toscani


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