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Algoritmo di Google: la “batosta” di Agosto per molti siti

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Con questo tweet del 1° Agosto 2018, il sangue è raggelato nelle vene di tutti gli addetti ai lavori in campo digital… o quasi.

In effetti, Google non è certo nuovo ad update relativi al suo algoritmo, ma questa volta sembra che sia stata più difficile la sfida di “indovinare” quali sarebbero stati i siti penalizzati.

Ma andiamo per gradi.

Cos’è l’algoritmo di Google?

“Come ti ordino la SERP”

Ogni volta che digitiamo una ricerca nella barra di Big G (o di qualunque altro motore di ricerca), cliccando su “invio” otteniamo una serie di risultati inerenti alla nostra richiesta, ordinati in base alla pertinenza e ad un sacco di altri parametri. Questo processo, chiamato posizionamento, si svolge nell’arco di millesimi di secondo ma si fonda su una serie di valutazioni che avvengono contestualmente e di cui noi utenti non ci rendiamo assolutamente conto. È proprio l’algoritmo, infatti, a lavorare dietro le quinte!

Pagine e pagine di risultati sono elencati nella nostra SERP (Search Engine Results Page), lasciandoci liberi di scegliere quali consultare: naturalmente, ad essere privilegiati sono non solo le inserzioni a pagamento (SEM, Search Engine Marketing), ma anche tutti quei portali ottimizzati al meglio (SEO, Search Engine Optimization) e con caratteristiche idonee a soddisfare i requisiti imposti dall’algoritmo stesso.

Gli update

Per migliorare la conformità tra richieste e risultati di ricerca, sono stati rilasciati diversi update nel corso degli anni (identificati da veri e propri nomi), alcuni minori, altri davvero importanti (segnalati dallo stesso Google), messi a punto attraverso un lavoro costante sulla qualità dei contenuti disponibili in rete e in base a ciò che, invece, deve venir penalizzato.

La timeline, a grandi linee, è questa:

  • 1998 – due studenti di Stanford, Sergey Brin e Larry Page, lanciano Google;
  • 2000 – lancio della Toolbar basata sul PageRank, componente ancora oggi fondamentale, atta a dare un “punteggio” alle pagine web, in base al quale ordinarle nella SERP;
  • 2003 – Boston, Cassandra e Florida penalizzarono i siti contenenti link nascosti e spam; Austin si occupò delle tecniche di ottimizzazione ingannevoli e Hilltop inserì la “rilevanza” tra gli elementi fondamentali per il posizionamento; Brandy, infine, aumentò la capacità di capire i sinonimi delle keyword e si focalizzò sulla rilevanza delle anchor text;
  • 2005 – venne inserito per la prima volta il “NoFollow” e si personalizzò la ricerca in base a keyword di ricerche precedenti;
  • 2007 – si ottimizzò la ricerca per notizie, immagini e video;
  • 2008 – Suggest aiutò a suggerire le parole chiave durante la digitazione nella barra di ricerca;
  • 2010 – Social Signal si occupò di dare valore ai Social Network;
  • 2011 – Panda penalizzò i siti poco pertinenti e/o con un’ottimizzazione fasulla e mirata al solo posizionamento;
  • 2013 – Hummingbird imparò ad interpretare le ricerche analizzando anche i sinonimi delle keyword;
  • 2014 – Pigeon cominciò a parlare la lingua della geolocalizzazione;
  • 2015 – Mobile Update;
  • 2017 – Fred ha cominciato ad occuparsi di Fake News e di penalizzazioni per contenuti violenti, offensivi, di bassa qualità, abuso di affiliazioni, siti con scarsa permanenza dell’utenza e duplicati.

E nel 2018?

Quest’anno, oltre a cambiare anche intorno alla questione ricerche vocali, Google ha annunciato un importantissimo aggiornamento per Agosto (il Summer Update) che ha fatto letteralmente tremare anche i colossi della rete.

Il terremoto ha, infatti, riguardato portali di grandi, piccole e medie dimensioni, probabilmente guardando solo alle caratteristiche di qualità e rilevanza: siti medici, di fitness o, comunque, utili al quotidiano, sono stati indiscriminatamente colpiti e, sembra, anche domini dall’autorità consolidata, a favore di altri più giovani; penalizzati anche i portali pieni di pubblicità invadenti e fastidiose, non mobile friendly e, ovviamente, quelli ospitanti contenuti di scarsa qualità o offerenti una cattiva esperienza di navigazione.

Google avrebbe espressamente riservato attenzione, quindi, a:

  • expertise – user experience;
  • autorevolezza;
  • affidabilità;

tant’è che si parla, già dalla fase di rollout, di E-A-T.

Insomma, ogni sito va guardato con occhio critico, dall’esterno, come se si fosse un visitatore, cercando di percepirne le potenzialità, di valutarne i contenuti e, non ultima, la user experience. D’altro canto, qualunque cambiamento abbia effettivamente riguardato l’update, Google stesso ci ricorda che bisogna progettare i portali e scrivere  contenuti pensando agli utenti e non ai motori di ricerca!


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